lunedì 24 settembre 2012

Noi valiamo, eccome!

C'è fermento nell'aria. Se nella vita di tutti i giorni trovo persone rassegnate alla vita che conducono, in rete, finalmente, si sta muovendo qualcosa.
Nei giorni scorsi in diversi blog si è affrontato il discorso del lavoro al femminile.
Io sono partita da qui, il blog di La solita mamma che ha voluto amplificare i temi lanciati da diversi blog, e poi ho trovato un ottimo spunto anche qui nel blog Bimbiuniverse che tratta un tema a me caro: il telelavoro.

Il tema accende gli animi. Se da una parte c'è chi dice che restare a casa a fare la mamma è un lavoro, anche se spesso non riconosciuto neanche dalle mamme che invece lavorano fuori casa, dall'altra c'è chi dice che allora chi lavora fuori, ne ha due di lavori, perché quando rientra toglie il cappello di lavoratrice e indossa quello di mamma. C'è poi chi si pone il problema di chi ha lasciato il lavoro per intraprendere qualcosa di nuovo e si chiede se funziona veramente, insomma, vuole sapere com'è andata a finire. Non per ultimo c'è chi si domanda se una conciliazione famiglia-lavoro sia possibile.

Prima di tutto trovo che sia molto bello che cominciamo a interessarci in prima persona dell'organizzazione della nostra vita, invece di lasciarci scivolare addosso i problemi con rassegnazione.

La parola crisi viene usata un po' troppo spesso come alibi per coprire inefficienza e ottusità. C'è tutta la questione del rapporto datore-lavoratore da rivedere. E' chiaro che dipende dal tipo di lavoro, ma se non ci si arena sull'antiquato criterio di valutazione:  + ore lavorate = maggiore produttività, se invece di fossilizzarsi sulle ore lavorate ci si basa sui risultati ottenuti, si va oltre la fiducia, perché non serve controllare a vista le persone, se puoi contare sul tuo lavoro finito nei tempi dovuti.

Ed allora, poste queste basi, si potrebbe ragionare di telelavoro, di part-time, dove questo non è possibile, e di flessibilità per garantire un lavoro privo di sensi di colpa: per i figli a casa quando sei al lavoro e per il lavoro quando sei a casa e sai che in quel preciso momento dovresti essere al lavoro. Quante volte ho sentito di non accontentare nessuno: né la mia famiglia a cui ho sottratto tempo prezioso, né al lavoro, che per quanto ti fermi, vai a casa sempre troppo presto.

Detto da una che vive il lavoro con passione, è ora di vivere il nostro tempo con la giusta velocità, senza andare fuori di testa per far combaciare tutti i tasselli del puzzle.

Perciò, non importa se abbiamo deciso di restare a casa e dedicare tutto il tempo alla famiglia, o se abbiamo un lavoro che ci porta fuori buona parte della giornata, mettiamoci insieme, chiediamo la possibilità di scegliere la vita che vogliamo e preferiamo e di essere aiutate in questa battaglia anche dagli uomini e dalle donne che si comportano come loro. Sarà un vantaggio per tutti. Ne sono convinta.






22 commenti:

  1. Due cose mi hanno colpito nel tuo post.
    1. "La parola crisi viene usata un po' troppo spesso come alibi per coprire inefficienza e ottusità"
    2. "si va oltre la fiducia"
    Secondo me è proprio la mancanza di "fiducia" il vero problema.
    Viviamo un momento di chiusura nelle relazioni reali che non siano finalizzate a qualcosa in cambio.
    Più fiducia, più relazioni "umane" senza secondi fini, più onestà e più trasparenza sarebbero di grande auspicio. E in questo il web abbatte molte barriere: non ci si vergogna di pensarla in modo diverso, di osare, di stare insieme ;D!

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    1. Ti spiego cosa intendo con "si va oltre la fiducia". Nel mio ufficio sanno che si possono fidare e che, come sempre rispetteremo la scadenza. Però, al mio capo, ogni tanto piace fare "il capo" e viene a indagare cosa stiamo facendo come se avessimo bisogno di chi ci organizza il lavoro (quando fa così, se le sente). Di base, però, è così che funziona (e non credo solo da noi), non si fidano più di tanto e per essere obiettivi, ci sono anche persone che danno loro motivo di pensarla così. Perciò, essendo io, strano a dirsi, molto pratica in queste cose, penso che la soluzione possa essere by-passare questa mancanza di fiducia focalizzando l'attenzione sul risultato che è quello che importa alla fine e che è quello che si valuta in molte realtà all'estero e forse solo in minima parte qui in Italia. Mi serve questo lavoro per quella data, vuoi lavorare di giorno, di notte, di mattina, di pomeriggio, a giorni alterni? Basta che per quella data sia pronto. La fiducia verrà di conseguenza. Sarebbe stato meglio ci fosse anche prima, ma è sempre un inizio. I cambiamenti sono lenti da metabolizzare.

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  2. Ops! Ovviamente nel rispetto del copyright ti ho twittata #noivaliamo ;D!

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  3. Una cosa è certa: noi donne siamo pronte a metterci in croce o a mettere in croce e per lo più siamo contraddittorie e poco realiste. E' necessario ammetterlo e, per certi versi, è anche un pregio.
    Messe le cose in chiaro, si può ragionare:
    ben venga la possibilità di scegliere cosa fare della propria vita, senza però giudicare le scelte altrui,
    ben venga riconoscere i propri limiti, senza però denigrare le capacità altrui,
    ben venga seguire le proprie passioni, senza però dimenticarsi le proprie responsabilità.
    Ognuno ha diritto alla felicità, la via per trovarla non è mai in discesa, è insopportabile chi pretende di stabilire la mia strada, la devo scegliere io, perchè questa non è una questione di sesso, ma di libertà.

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    1. Ma infatti, il diritto di scegliere quello che più ci piace non va in conflitto con il diritto di una scelta diversa di un'altra persona.
      Sto a casa, perché mi piace e non perché non sono in grado di conciliare la famiglia con il lavoro. Allo stesso modo dovrebbe essere possibile andare a lavorare perché mi piace e non perché sennò non sopravvivo (ma qui si apre un altro discorso più complesso sul sostegno alla famiglia e con i tempi che corrono non ci sono soldi).
      Avendo visto posizioni molto lontante, soprattutto nel post di Parola di Laura, credo che si debba avere a cuore la donna, qualunque sia la sua scelta, anzi proprio per darle la possibilità di fare quella scelta.

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  4. bellissimo il tuo post e vero quello che dici. Purtroppo alla fine, pur di mantenere il lavoro, abbassiamo la testa e non ci facciamo valere. L'ho visto fare troppe volte in passato, quando non ero ancora una mamma e quindi tante cose mi sfuggivano e sicuramente non le capivo. Vedevo mie colleghe passare ore e ore in ufficio magari inutilmente solo per non perdere il lavoro. Poi questa cosa solo italiana che sembra che se non fai le otto in ufficio non fai niente quando in altri paesi alle cinque sono tutti fuori per essere presenti con i figli. Io, dopo la nascita di mio figlio, ho perso il lavoro, il mio ex-capo (padre di 5 figli) mi ha messa alle strette e non mi ha dato la possibilità di scegliere con un contratto da precaria: o rientri subito full time con varie trasferte settimanali in giro per l'Italia oppure te ne stai a casa con tuo figlio. Io ovviamente, e potendomelo permettere, ho scelto mio figlio, anche perché il suo era solo un modo carino per dirmi stai a casa che ti ho sostituito con ragazza giovane e molto economica.

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    1. Io il mio lavoro potrei svolgerlo tranquillamente da casa, ma anche nel mio ufficio vale la regola che se non stai otto ore inchiodato alla sedia vuol dire che non lavori. Perché oltre a produrre devi mostrare anche di essere fidelizzato all'azienda, di esserci attaccato più che alla famiglia. Per poi essere trattato come spazzatura quando non servi più, o semplicemente se annunci una gravidanza "indesiderata" dal capo. Insomma, c'è da lottare, sì, e bisogna armarsi fino ai denti.

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    2. Così ti voglio, bella carica e pronta a credere che ce la possiamo fare, o almeno provarci che è sempre meglio di niente.

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  5. Già, in questo caso restare a casa diventa un passo obbligato, non è più una scelta. Che tristezza vedere certe persone trattare in modo così superficiale la vita delle persone. Non hai idea di quello che sento ultimamente al lavoro, come si possono svilire le persone. Se ti va, nel tag "lavoro", trovi la mia "storia". Ciao.

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  6. Presente!
    Io mi sento "quella che ha 2 lavori".
    E tra quelle che sarebbero ben liete di avere l'orario flessibile.
    Ma finchè ci saranno persone che, come nel caso di una collega, vengono declassate a mansioni inferiori solo perchè alla domanda "quale è la tua priorità?" ha risposto "la famiglia", credo che sarà difficile far capire che noi valiamo.
    Tuttavia, mi unisco in questa battaglia, perchè le sfide mi piacciono!
    E perchè lo so, che noi valiamo.

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    1. E' dura Monica. Mi rendo conto sempre di più che c'è tanta gente da convincere. Siamo talmente abituate al peggio che per molte donne è normale che succedano queste cose. A lavorare meno di otto ore sembra che non si combini niente e invece io so bene che si corre di più e si arriva dove si vuole arrivare. Però vale la pena di crederci.
      P.S. L'elmetto ce l'hai? ;)

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    2. Certo!
      Me l'hanno dato quando siamo entrati in azienda dopo il terremoto a sistemare e inventariare.

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  7. Ho cambiato 13 posti di lavoro,
    e ho avuto a che fare con colleghi e colleghe
    devo dire che dirigere degli uomini è più facile,
    tra noi maschietti ci si può anche accapigliare
    con le femmine no, con loro è più difficile
    è vero però che se una donna prende un impegno
    si può star tranquilli.
    Non sono considerazioni da prendere in assoluto,
    sono la mia esperienza,
    pertanto è possibile che non ci sia una regola così ferrea.
    Ho avuto anche un paio di donne come dirigente
    e devo dire che mi sono trovato benissimo,
    prima di decidere volevano una montagna di informazioni
    ma poi decidevano ed toccava far come dicevano loro.

    Monica provate a chiedere al vostro titolare
    quali vorrebbe che fossero le priorità di sua moglie.

    Abbiamo una classe dirigente impreparata e improvvisata
    e spesso anche incompetente,
    sbrigatevi a prendere il potere prima che crepo
    perchè di questi cialtroni ne ho piene le tasche.

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    1. Hahaha Massimo, ho paura che ce ne voglia di tempo prima di cambiare le cose. Hai ragione che tra donne a volte è difficile andare d'accordo, ma come sempre dipende dalle persone. Ed è vero anche che forse le donne prendono più spesso delle decisioni. Vogliamo parlare degli uomini che si negano al telefono? Rispondi, dì che non ti interessa e facciamola finita, no?
      Per finire, mi fa una tristezza infinita chi non riesce a capire che una persona in gamba, anche se mamma e a part-time può dare un enorme contributo. E, come ho detto in altri post, mi fa tristezza anche chi non capisce che al di fuori del lavoro c'è la vita, sia che si passi del tempo con i figli, sia che ci si ritrovi con gli amici o qualunque altra cosa si voglia fare.
      Cosa dici? Ce la facciamo a far capire a un po' di gente che tutti valgono e si meritano di più?

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    2. http://chimismi-minimi.blogspot.it/2012/08/quinto-e-nucci.html

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  8. ... ed io non posso che essere d'accordo con te! La flessibilità, prima di tutto, bisogna averla dentro per comprendere che i cambiamenti positivi sono possibili.
    Nel mio sito ho avuto dei problemi con il sistema dei commenti e quelli degli ultimi due post, purtroppo, sono andati perduti. Ora, comunque, dovrebbe essere tutto a posto.
    Volevo farti sapere che, come promesso, ho iniziato a leggere "Orgoglio e pregiudizio".

    Un saluto.

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  9. Già, flessibili a partire dal modo di pensare. Bisognerebbe capire che si può cambiare il modo di vedere le cose. Fatto questo, il cambiamento è a portata di mano. Forse non oggi, ma magari domani sì. Sono un'illusa?
    Guarda che aspetto di sapere cosa ne pensi di Orgoglio e pregiudizio, eh? Un parere maschile su Jane Austen non voglio perdermelo.

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  10. Beh, come sai sono totalmente d'accordo. Pronta a lottare, anche se nel mio caso è una sconfitta annunciata, ma io sono agguerritissima lo stesso che i mulini a vento mi son sempre piaciuti!!!
    Io nel sovvertire il luogo comune ci provo gusto: ho avuto una gravidanza serena (per fortuna) e ho potuto lavorare fino a pochi giorni dalla nascita di Cookie. In tranquillità, senza approfittarmi di nulla, nonostante molte donne mi consigliassero di fregarmene e di mettermi in malattia. Finché ci saranno questi esempi la fiducia mancherà. Ma credo che si possa costruire giorno dopo giorno con buoni esempi e lotte. Non è un caso che un piccolo aumento in maternità io lo ho avuto. Piccolo, ma almeno c'è stato.

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    1. Benvenuta nel mio blog! L'aumento in maternità è sicuramente un segnale di fiducia. E' vero che la fiducia data deve essere ripagata. Da me però, non vogliono fidarsi a prescindere, anche se sanno che termini sempre i lavori alla scadenza, è più comodo avere tutto sotto controllo. Bisogna modernizzarsi e credere di più nelle persone (perché un bravo manager/capo sa riconoscere le persone su cui può contare).

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  11. Alice, ciao!!! :D
    Te lo devo proprio scrivere: mi piace un sacco il tuo blog! Sei schietta, sincera, ironica e condivido il tuo pensiero sul lavoro, sul mondo delle mamme e delle donne in generale, sul desiderio di fare e la costante di non arrendersi.. Ho girato allegramente nei tuoi post, sintetici, ma chiari e con un argomento super-centrato! Brava..! E poi che dire dei tuoi amici blogger? Dei commenti che ricevi che ampliano il tuo argomento con grande sensibilità e discrezione.. Verrò di sicuro ancora a trovarti..
    Un caro salutone, a presto
    Ximi :D
    p.s. per l'elmetto ci sto pensando!! Ehehe!

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    1. Ciao Ximi, benvenuta! Grazie di cuore per le tue parole, mi hanno fatto tanto piacere. E' bello vedere le cose da un'altra prospettiva.
      Cosa dirti dei miei amici blogger? Sono fortunata ad aver conosciuto persone così. E' stata la scoperta più bella da quando sono in rete: quanto reali possano essere i rapporti cosiddetti virtuali.
      Grazie ancora Ximi. A presto.

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